L’esperimento di Ekman e Friesen si fonda su una ricerca interculturale, da cui risultò che sia le espressioni facciali che la loro interpretazione non cambiano da paese in paese.
Dapprima si recarono in Brasile con foto che ritraevano visi con espressioni di tristezza, rabbia, felicità o disgusto poi in Cile, Argentina e Giappone ottenendo gli stessi risultati: ovunque andassero le persone del posto sembravano comprendere e usare le stesse espressioni facciali dei nordamericani.
Pensando che la cosa riguardasse gli abitanti di società moderne e che i risultati potessero essere influenzati dai mass-media nel 1967 si recarono in Nuova Guinea presso alcue tribù isolate, dove tv e giornali non erano ancora giunti.
Ancora una volta il risultato confermò la loro ipotesi, una espressione emozionale all’interno di una specifica popolazione veniva interpretata correttamente e uniformemente all’interno di qualunque altra, e viceversa.
In altre parole, l’espressione facciale legata alla felicità veniva interpretata come felicità all’interno di tutte le popolazioni analizzate.
Ma se esistono delle espressioni innate, trasversali all’interno di tutta l’umanità, significa che esistono delle emozioni comuni che le generano, e quindi queste possono essere definite come primarie.
Ekman ha così identificato 6 emozioni primarie:
1. Felicità
2. Sorpresa
3. Disgusto
4. Rabbia
5. Paura
6. Tristezza
Charls Darwin, per primo aveva ipotizzato l’universalità delle espressioni basandosi sulla osservazione delle emozioni nei primati.
In effetti, l’espressione delle emozioni avviene tramite l’attivazione di determinati muscoli, negli animali, così come nell’uomo. Quest’ultimo possiede però una maggiore abilità nel controllo delle espressioni facciali, tramite 46 muscoli che risultano il principale vettore di comunicazione emozionale.
Seppure l’uomo possa adottare una particolare espressione facciale volontariamente, esistono due diversi circuiti nervosi per i muscoli facciali, di cui uno involontario.
Non solo ma l’attivazione di una particolare emozione è in grado di attivare anche i circuiti involontari, per questo motivo è impossibile negare completamente l’espressione di una emozione: alcuni muscoli si attiveranno comunque, anche se magari solo per un breve istante.
E’ nato così lo studio delle famose“microespressioni“, espressioni del viso che appaiono in un venticinquesimo di secondo per poi svanire e che, solitamente sono inconsapevoli.
E’ interessante notare come esista anche una sorta di feedback di ritorno: l’attivazione dei muscoli interessati da una particolare espressione possono attivare o facilitare uno stato emotivo, Ekman e Friesen, durante i loro allenamenti nel controllo dei muscoli facciali, dopo una giornata in cui stavano provando delle espressioni di tristezza, si sono accorti di stare davvero male, entrambi.
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