Anche se a livello fisiologico il cervello di noi tutti umani è molto simile, il suo prodotto, cioè la nostra mente, è una realtà assolutamente soggettiva, così nel passato si è sempre ritenuto che le ricerche che riguardassero i processi mentali non potessero ottenere validi risultati dal punto di vista scientifico.
La svolta è avvenuta con l’introduzione dell’ imaging, uno dei progressi più notevoli della storia medica e scientifica, finalmente è stato possibile osservare in maniera dettagliata sezioni del cervello, infatti, i protoni, nel cervello reagiscono a determinati stimoli producendo segnali che possono essere usati per creare una mappatura del cervello.
La risonanza magnetica funzionale (MRI), insieme con la PET e lo SPECT, ha numerose implicazioni per la diagnosi e il trattamento delle innumerevoli malattie.
Non solo, il brain imaging ha diagnosticato numerose disfunzioni neurologiche, tra cui la depressione, la schizofrenia e il disturbo bipolare, ma ha reso possibile anche individuare i sintomi di un ictus e della demenza prima del loro verificarsi.
All’inizio questa tecnica è stata utilizzata principalmente per individuare problemi e anomalie derivanti da malattie o da incidenti, le vittime d’ictus cerebrali, per esempio, hanno permesso di imparare molte cose sulla plasticità del cervello.
L’ imaging cerebrale non solo è un eccellente display della struttura del nostro cervello, ma può anche rivelare il modo in cui il cervello funziona.
Azioni ripetute con il passare del tempo creano dei circuiti neuronali che sono rinforzati a tal punto da sembrare un circuito elettronico cablato, e talvolta basta un piccolo stimolo ambientale per avviare una serie di comportamenti programmati.
Il motivo è economico, sia il corpo sia il cervello sono ottimi risparmiatori di energia e un comportamento abituale non richiede alcuno sforzo.
Se la nostra personalità è la somma della nostra rete neuronale, in parte questa rete è stata ereditata e appartiene al nostro patrimonio genetico e una parte si è sviluppata attraverso esperienze ripetitive.
Tutti noi ci creiamo una comoda routine, così comoda da essere automatica e così automatica da sembrare una seconda natura.
Per esempio se presti attenzione, noterai che ti lavi i denti iniziando sempre dalla stessa parte e facendo sempre gli stessi movimenti.
I nostri meccanismi di sopravvivenza ci fanno temere l’ignoto, siamo chimicamente predisposti ad allarmarci su quello che il nostro cervello non può prevedere, quello che non ci è famigliare innesca nella maggior parte dei casi le nostre risposte di sopravvivenza , combattere o fuggire.
Siamo normalmente refrattari al cambiamento, perché ogni cambiamento allerta la nostra soglia di pericolo, quindi se vogliamo modificare noi stessi dobbiamo modificare la nostra mappatura interna, ed è lo studio della nostra struttura mentale che ci permette di mettere in atto quelle modifiche necessarie a raggiungere i nostri obbiettivi.
Ampliando la nostra mappa mentale avremo più risorse e più certezze.
Il Neuromarketing si basa proprio su strumenti come questi, per verificare, ad esempio, gli effetti di una pubblicità su persone diverse.